Cinema per Scelta

Viaggio a Kandahar

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Cinema per SceltaCINEMA PER SCELTA:Solo nel XX secolo le donne cominciano ad avere spazio sociale nell’informazione e nella comunicazione, legando la propria immagine non solo alla famiglia di origine o formata da sé, ma anche in un contesto lavorativo e politico. Il cinema, settima arte espressiva del sentire umano, non è pertanto solo veicolo dell’occhio maschile e della sua mentalità, del suo voyerismo, dei suoi preconcetti.
Anche le donne, sia per i registi, che per gli sceneggiatori o per gli attori, prendono possesso delle emozioni e dei pensieri di questo mezzo di comunicazione, irrompendo prepotentemente con la loro vita, le loro disgrazie, le loro fortune, la razionalità e l’irrazionalità che le accompagna, spesso e volentieri male interpretate. E’ alle donne che su Sani per Scelta vogliamo dedicare questi racconti, che, grazie ad un filo invisibile, ci legheranno a temi già affrontati sulla rivista online, per rendere visivi ed uditivi i concetti e le emozioni che tentiamo di fornire ai nostri lettori, uomini o donne, concentrati sulla loro salute fisica, mentale e psichica.

I rapporti familiari sono qualcosa di indissolubile che spinge le donne a sopportare situazioni difficili pur di offrire conforto e serenità ai propri consanguinei. Il dramma per tante consiste nell’invisibilità della loro condizione, delle loro problematiche, dei loro disturbi, dei limiti cui sono costrette a soggiacere. Ma andrebbe considerato un importante aspetto, che su Sani per scelta vi abbiamo indicato come una certezza della medicina odierna: curare una donna è curare una famiglia; è su di lei che in realtà si regge psicologicamente il nucleo familiare.
Nafas, giornalista nata in Afghanistan, ma emigrata e cresciuta in Canada, le ha tentate tutte per rientrare nel suo Paese d’origine, ma il regime talebano glielo impedisce. Deve per forza arrivare a Kandahar entro 3 giorni, altrimenti non riuscirà a fermare sua sorella, che le ha scritto una lettera preannunciandole la sua intenzione di suicidarsi. La protagonista viaggia disperatamente – con un elicottero della Croce Rossa, con una famiglia immigrata in Iran, con un bambino cacciato dalla scuola dei mullah, con un finto medico afroamericano che cerca Dio, con un truffatore che cerca di vendere delle protesi per gambe, con un corteo di parenti di una sposa – ed al tramonto dell’ultimo giorno entra a Kandahar, la città è vista dalla retina per gli occhi del burqah, capo d’abbigliamento che mortifica le donne per preservarne l’onore. Costoro non possono essere visitate da un medico senza un intermediario maschio, si ammalano facilmente perché mancanza di igiene o di cibo, non possono lavorare per mantenere la famiglia se il marito è deceduto, non possono andare a scuola, la loro speranza di sostentamento è diventare una delle mogli di qualcuno. Ma queste donne, appena possono, si mettono smalti colorati, indossano bracciali scintillanti e tintinnanti, si curano anche se nessuno le potrà vedere. Vorrebbero smettere di essere invisibili per la società, che le chiama le “teste nere”, senza dare loro né nome né aspetto.

A cura di Valentina Figura

© Sani per Scelta
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