
Film paradossale. Il cibo, normalmente nutrimento di vita, qui diventa vero strumento di morte.
Per certi versi agghiacciante e purtroppo sempre attuale, La Grande Abbuffata offre uno sguardo cinico e provocatore sull’uomo, un pugno che può contribuire a risvegliare la coscienza.
L”abbuffata” del titolo si riferisce a un’orgia gastronomica (ed erotica) cui si abbandonano, in una villa della periferia parigina, quattro amici di mezza età: un pilota, un magistrato, un annunciatore della radio, il gestore di un ristorante che, stanchi della vita noiosa e inappagante che conducono, decidono di suicidarsi mangiando fino alla morte. Un’orgia, quindi, che non ha il fine di festeggiare la vita e i suoi piaceri. I bisogni e gli istinti primordiali, filtrati e normalizzati nel loro raggiungimento, divengono “noiosi e tedianti” e necessitano di continue unicità per essere graditi.
La Grande Abbuffata è una critica feroce ai falsi miti, vuotezza spirituale che si tenta di colmare con una fuga negli istinti più animaleschi, cibo e sesso, fino all’esasperazione che conduce alla morte, inevitabilmente. Ma la ricerca della difficoltà fine a se stessa comporta l’abbandono dell’utilità e sfocia alla fine, ineluttabilmente, nella depressione e nel senso di inutilità. L’unica salvezza nel film viene rappresentata dal genere femminile, legato alla vita per missione biologica.
A cura di Giovanni Cacia
© Sani per Scelta
Tag: cibo
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