

Anche le donne, sia per i registi, che per gli sceneggiatori o per gli attori, prendono possesso delle emozioni e dei pensieri di questo mezzo di comunicazione, irrompendo prepotentemente con la loro vita, le loro disgrazie, le loro fortune, la razionalità e l’irrazionalità che le accompagna, spesso e volentieri male interpretate. E’ alle donne che su Sani per Scelta vogliamo dedicare questi racconti, che, grazie ad un filo invisibile, ci legheranno a temi già affrontati sulla rivista online, per rendere visivi ed uditivi i concetti e le emozioni che tentiamo di fornire ai nostri lettori, uomini o donne, concentrati sulla loro salute fisica, mentale e psichica.
Come riuscire ad immaginare la vita di una donna in un Paese fondamentalista islamico? E’ con questo scopo che Sani per Scelta vi invita alla visione, per riflettere sulle scelte di chi non ha potuto decidere dove nascere, ma cerca un luogo in cui vivere un’esistenza degna di questo nome. Molte donne non hanno la possibilità di scegliere, nemmeno in Italia.
Otto donne vittime del regime di Teheran subiscono una personale oppressione. Una moglie partorisce una bambina anziché un bambino e viene ripudiata dal marito. Una donna viene fermata dalla polizia perché non indossa il chador. Una ragazza cerca di tornare nel suo paesino con un pullman, ma non può viaggiare senza un uomo che l’accompagni. La sua amica si prostituisce per procurarle i soldi per partire; ha un figlio, quindi per cercarlo non partirà. Una prostituta cammina sul marciapiedi di sera e viene caricata in automobile da un uomo, rilasciato subito, mentre la donna viene trattenuta dalla polizia. Una madre abbandona la figlia piccola per strada perché non sa come sfamarla, ma si ritrova anch’essa per strada. Una donna si rivolge ad un’amica in ospedale per abortire, ma, non avendo il benestare del marito (ucciso), del suocero o di suo padre, non potrà scegliere da sola; l’amica della donna incinta è riuscita a riscattare il suo passato con un marito che la tratta bene, perciò teme possa scoprire la verità… La notte si ritrovano tutte in carcere.
Le protagoniste si muovono rasenti ai muri, nascondendosi dietro le automobili, bisbigliando come si vergognassero di parlare, in una condizione eternamente uguale a sé, un cerchio appunto, da cui non si può “evadere”; si può solo accettare passivamente di sopravvivere in una società le cui regole sono rigidamente codificate e nettamente maschiliste. Non è la visione di una femminista, ma di un regista che ci comunica l’impossibilità di salvare queste donne dalla loro sorte. E non si tratta di una scelta.
A cura di Valentina Figura
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