
E’ una storia semplice, condita abilmente con più di un ingrediente afrodisiaco e pieno di metafore culinarie.
Il cibo è al centro del film , cibo inteso non solo come piacere allo stato puro ma come mezzo attraverso il quale si realizzano vere e proprie relazioni sessuali tra i protagonisti. Anche gli stati d’animo di Tita, protagonista, sono descritti attraverso metafore culinarie . Nel Messico del primo Novecento, sconvolto dai venti della rivoluzione, Tita, ultima di tre figlie, è destinata a non prendere marito per accudire la dispotica madre.
Per starle vicino l’amato Pedro si rassegna a esserle cognato, sposando la sorella maggiore Rosaura. Quest’ultima, infatti, sotto lo sguardo acceso di passione di Pedro, prova la stessa sensazione di calore della pastella dei bignè messa nell’olio bollente.
Di rilievo la figura della cuoca Nacha con la quale Tita instaura un rapporto materno.
Nacha, introduce Tita nell’arte della buona cucina, mettendola a parte di tutti i segreti e impartendole lezioni sul senso della vita attraverso piccoli gesti d’affetto e genuini modi di dire ..
Sono i tempi della rivoluzione di Pancho Villa e in una fattoria nascono e vivono generazioni di donne , che divengono il cuore pulsante di un mondo altrimenti desolato e desolante, e che invece pur in quel microcosmo creano vitalità attraverso la fantasia della loro cucina
L’unica consolazione di Tita è la cucina che avvolge con tutti i sentimenti repressi, come quella matassa di lana che giornalmente , novella Penelope,trasforma in una interminabile coperta.
Tita intinge i petali di rosa con l’amore che si trasforma in passione viva per chi se ne nutre ; quando piange trasmette il suo dolore al dolce che si trasforma in profonda infelicità per chi lo gusta; quando odia, la sua rabbia si riflette sulla pietanza rendendola indigesta a chi vi si accosta.
Qualsiasi cosa sfiori con le sue mani si strasfigura in un dono d’amore per chi lo riceve.
Ma pare Non esserci speranza per chi come lei è stata segnata dalla nascita a vivere nell’attesa che qualcuno abbia la forza di liberarla da ogni costrizione, una vita infelice come la coperta di lana che ha realizzato nelle sue notti .
L’ultima speranza di Tita di una vita davvero felice, lunga come quella coperta di lana che ha realizzato nelle sue solitarie notti di gelo interiore, si spezza per ironia della sorte. E allora quella passione interna che la divora è pronta ad esplodere, infiammando dal di dentro per poi bruciare tutto quello che le è vicino. Fiamme danzanti, devastanti e liberatorie allo stesso tempo s’innalzano sul suo e sul corpo dell’amato.
Ci si trova così, durante il volgersi del film , a vivere gli odori penetranti della cucina, i sapori esaltati dai sentimenti di Tita, in un film pieno di inquadrature fantastiche
Un film intimo in cui i profumi e gli odori si fondono ai suoni, i sapori ai colori delle immagini. Lo scenario che si riempie dei toni della terra cattura l’immaginazione travolgendo lo spettatore, immerso così in quell’esaltazione dei sensi solleticati singolarmente.
Un film che ogni volta ricrea in noi un senso di magia creativa .
“Come l’acqua per il cioccolato” rimane quindi un piccolo gioiello della cinematografia, per l’attenzione sensibile ai misteri d’amore e alle gioie sensuali della buona cucina .
A cura di Giovanni Cacia
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